
Nell’attuale presente il mondo del lavoro è totalmente rivoluzionato, è tutto potenzialmente fermo e per molte aziende si prospetta un futuro ancora più buio.
É un momento in cui le aziende dovrebbero imparare a modificare la loro modalità di vendere, fare marketing e comunicare.
Nello specifico mi concentrerò sull’aspetto prettamente lavorativo e professionale.
Cosa si intente per SMART?
Molti intendono Smart qualcosa di pratico e veloce ma ad oggi il binomio “Smart Working” ha il significato di “Lavoro Intelligente”.
Lo Smart Working per essere davvero efficace deve avere regole precise ma soprattutto Metodo.
Ecco le regole da seguire per un’azienda Smart.
Prima regola
Le regole non vanno solo dettate, vanno insegnate.
“Ok Matteo, cosa intendi?”
Se nella tua azienda continui ad essere tu il punto di riferimento di ogni cosa perché non ti fidi di delegare i compiti esternamente, hai un problema.
Se abitui i tuoi dipendenti ad avere il fiato sul collo, ad essere controllati e guidati in ogni azione non potrai accedere mai allo Smart working.
Le persone che lavorano con te, avranno la certezza di avere al loro fianco sempre qualcuno che li guida e questo non li porterà mai ad essere indipendenti.
Se vogliamo è un pò come educare dei figli. Essere iper-protettivi non aiuterà tuo figlio ad affrontare il mondo reale quando tu non ci sarai.
Nell’azienda è probabile che il tuo essere onnipresente porti i tuoi collaboratori a lavorare bene solo quando sarai presente e questo ovviamente non ti farà mai costruire un’azienda Smart.
Per poter posare i primi mattoncini devi abituarti a delegare, fidarti, far sbagliare, i tuoi collaboratori, affinché il loro contributo nei confronti della tua azienda sia sempre uguale, sia che tu sia al loro fianco o distante anni luce.
Devi creare un’azienda in cui la tua presenza non deve essere indispensabile.
Seconda regola
Conosci i tuoi collaboratori?
Il falso mito in cui l’imprenditore deve essere padrone ed autoritario è morto. Se vuoi fidelizzare i tuoi collaboratori devi conoscere parte della loro vita privata.
Un dipendente che si lascia con la fidanzata, moglie o che ha un famigliare gravemente malato, inficerà negativamente sul suo rendimento, salvo che tu sia in grado di accoglierlo, farlo sentire compreso e capito.
Le persone non vogliono che tu possa cambiare la loro situazione, non si aspettano da te soluzioni ma vogliono qualcuno che li ascolti.
Nel sentirsi parte di una famiglia un dipendente è più portato a concentrarsi sul proprio lavoro.
La mia esperienza da dipendente mi ha insegnato proprio questo. Sono rimasto legato nel tempo alle persone che mi hanno ascoltato ed aiutato con una parola di conforto o che viceversa mi hanno scosso per farmi ripartire dandomi la carica di cui avevo bisogno.
Terza regola
Gestisci accuratamente la tua comunicazione.
Se hai un’azienda strutturata in più strati, ad esempio tu hai rapporti diretti con dei capi reparto, a loro volta parleranno con i commessi. Deve esserci un canale indiretto che porti lo stesso messaggio.
Ho trattato diverse volte in passato l’importanza di trasformare il gruppo in squadra e questo è proprio fortificare il gruppo.
Fai si che a loro volta passino le informazioni ai loro “sottoposti” nello stesso modo in cui tu lo hai fatto a loro e di tanto in tanto comunica all’intero gruppo i risultati positivi raggiunti, gli obiettivi etc…
Spesso comunicare è vendere e la vendita è come un pendolo che si sposta da una parte all’altra.
L’80 per cento riguarda la fase di ascolto poi 10 per cento di condivisione e la parte rimanente è la fase in cui sei tu a condurre la trattativa.
Come nella vendita è fondamentale veicolare la comunicazione in questo modo.
Quarta Regola
Definisci i ruoli dei tuoi collaboratori.
In questi anni ho partecipato a diversi convegni di aziende, anche molto strutturate ed a volte ero spaventato dalle centinaia di obiettivi e le cose da fare che si ponevano come risultato diverse aziende.
Un commesso vendita non può essere cassiere, venditore, magazziniere, fare gli ordini etc…
Quale è il suo vero compito in azienda?
Quando lavoravo da dipendente non mi era chiaro cosa realmente dovessi fare, quale attività dovessi interpretare come principale.
Fare troppe cose, defocalizza le persone dal loro vero obiettivo.
Chiarisci in maniera inequivocabile il suo ruolo, il suo computo, il suo obiettivo.
Quinta regola
Responsabilizzati per responsabilizzare.
Mi è capitato un sacco di volte di commettere errori e di avere quasi paura di averli commessi. Questo terrore era legato principalmente al fatto che il mio titolare di allora “non sbagliava mai”.
Quando venivo ripreso per i miei errori, veniva sottolineata la sua perfezione: “io non faccio mai questi errori”, “sei il solito”.
Con gli anni ho capito che gli errori li faceva anche lui, ma gestendo ogni passaggio aziendale aveva modo di rendersi conto e di correggersi senza che nessuno se ne accorgesse.
Cosi facendo però aveva creato una diffusa paura dell’errore che portava a scaricare le responsabilità da altre parti.
Ognuno si creava un alibi per discolparsi e questo aveva come conseguenza la percezione che nessuno si potesse di fidare degli altri.
Il primo compito fondamentale di un imprenditore è prendersi le proprie responsabilità, far capire agli altri che l’errore non è un problema ma parte di un processo di crescita che fa compiere un’evoluzione all’individuo.
I tuoi collaboratori ti prendono come esempio, come modello, fai capire agli altri quanto sia importante e meritocratico dire “É colpa mia, me ne occupo io!” Oppure “Non importa se hai sbagliato, la risolviamo insieme”.
C’è una sesta regola non scritta che riguarda lo smart working, probabilmente la più importante che viene fatta all’inizio della collaborazione.
Scegli le persone per “chi sono” e non per “cosa sanno fare”.
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